Fichte, Johann Gottlieb. "Dottrina della scienza"Tradotta da Adriano Tilgher, p.169; Bari : Gius. Laterza & Figli, 1925

«(...) Entrambi debbono essere una sola e medesima cosa; cioè, in breve: senza infinità, non v’è limitazione; senza limitazione, non v’è infinità; infinità e limitazione sono congiunte in un solo e medesimo termine sintetico. — Se l’attività dell’Io non procedesse all’infinito, l’Io non potrebbe neppur limitare questa sua attività; esso non potrebbe porle dei limiti, come pur deve fare. L’attività dell’Io consiste nell’illimitato porsi; contro di essa sorge una resistenza. Se cedesse a questa resistenza, allora quell’attività, che sor­monta il limite della resistenza, sarebbe affatto annientata o distrutta; e perciò l’Io, in generale, non porrebbe più. Ma esso deve certamente porre anche al di là di questa linea. Esso deve limitarsi, cioè porsi come non ponentesi; esso deve, in quest’ambito, porre l’indeterminato, illimitato, infinito limite (sopra = B), e, per far questo, dev’essere infinito — Inoltre, se l’Io non si limitasse, esso non sarebbe infinito. — L’Io non è se non quel che esso si pone. Esso è infinito: cioè esso si pone infinito; esso si determina col predicato dell’infinità; quindi limita sé stesso (l’Io), come sostrato dell’infinità; distingue sé stesso dalla sua infinita attività (tutti e due in sé sono una sola e medesima cosa); e così l’Io doveva procedere, per essere infinito. — Quest’attività, che va all’infinito, che esso distingue da sé, dev’essere la sua attività; essa dev’essergli attribuita; per conseguenza l’Io deve, in pari tempo, ammettere novellamente in sé quest’attività (determinare A + B per A) in un solo e medesimo atto indiviso ed indistinguibile. Ma se l’Io l’ammette in sé, essa è determinata, e perciò non infinita; ma, tuttavia, essa dev’essere infinita, e così dev’essere posta fuori dell’Io. (...)»

[Fichte, Johann Gottlieb. "Dottrina della scienza"Tradotta da Adriano Tilgher, p.169; Bari : Gius. Laterza & Figli, 1925]