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"Discorsi ai maestri di Trieste" / Giovanni Gentile. - Firenze : G. C. Sansoni, 1975 – P.191,192,193

<<(...)È un sapere che si commisura alle cose, crescendo in proporzione di queste; ma non ha nessun intimo rapporto con lo spirito. Chi sa cento cose, non ha maggiore nè diverso valore intellettuale di chi ne sa dieci. Poichè le cento e le dieci stanno nell'uno e nell'altro cervello come in due casse forti diverse

possono stare due differenti somme di denaro. Che merito ha la cassa che conterrà la somma maggiore? Merito avrebbe l'uomo che una somma maggiore avesse conquistato col lavoro, poichè essa allora sarebbe commisurata al lavoro, come dire al processo di sviluppo, alla vita della stessa personalità umana. Alla quale bisogna sempre ricorrere per trovare il valore di qualche cosa; poichè già, lo abbiamo visto, niente, propriamente parlando, è pensabile se non in relazione

con lo spirito umano.

Leggete un libro o una biblioteca, è il medesimo, se quello che leggete non diventa vita vostra: vostro sentimento, vostro pensiero, vostra passione e meditazione ed esperienza e celebrazione della vostra

personalità. Il poeta toscano disse che «fare un libro è meno che niente, se il libro fatto non rifà la gente». Immaginarsi dunque che cosa possa essere, non fare, ma leggere un libro! E s'intende che la gente da rifare, così

per l'autore come pel lettore (che non sono poi, lo sappiamo, due persone tanto diverse!), non sono gli altri, ma è prima l'autore stesso. Giacchè, sì, anche una semplice lettura, anche di una pagina sola, anche di una

parola, ci rifà di dentro, in quanto consiste in una nuova vibrazione della nostra personalità, che attraverso le vibrazioni incessanti del suo divenire si rinnova continuamente.

Il segreto è lì: che il libro che si legge, o la parola del maestro che si ode, metta in moto l'animo nostro, e si trasformi in vita nostra interiore, cessando di essere qualche cosa - e qualche cosa speciale, determinata, che

sta in mezzo a tante altre - per diventare la nostra personalità. La quale nell'atto suo (nell'atto badate, e non nell'astratto concetto che noi possiamo pure formarcene) è unità assoluta: quella tale unità in movimento, alla quale l'educazione non può in nessun

modo riferirsi se non immedesimandosi col suo movimento e però conformandosi interamente alla sua unità.

Non si tratta di aggiungere un libro, un altro e poi un altro, finchè si può; non si tratta di quantità! Si tratta di trovare nei libri

il proprio mondo: quella totalità d'interessi che

rispondano a tutte le corde del nostro spirito: il quale ha una molteplicità di interessi, come voleva Herbart, ma raggianti da un centro vitale. E nel centro è tutto, poichè vi è la sorgente di tutto.(...)>>


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