Adriano Romualdi, "Julius Evola: l'uomo e l'opera", 1968, p.81, edizioni di AR
- edizioniarteepoesi
- 4 ago
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«(...) Lo Stato, portatore dei valori politici, non solo non s’identifica, ma anzi si contrappone alla società, come l’uomo alla donna, o come l’uomo spiritualmente inteso (vir, anér) al semplice animale umano (homo, ánthropos).
Gli antichi Germani distinguevano un «lato fuso» da un «lato spada» dell’esistenza. Effettivamente, i valori economici, il benessere, la crescita pacifica della società han per sfondo quell’allevare, curare, nutrire che è proprio della donna, mentre il mondo politico e militare è un mondo maschile. Un vero Stato conosce qualcosa che sta al di sopra dei bilanci e delle programmazioni. Esso vuol essere creatore di storia e di valori spirituali.
Il vero Stato s’identificherà con un partito che, al di sopra degli umori della società, incarni la volontà politica creatrice di storia.
Non un partito di massa, ma un partito di élite, un Ordine che raccolga nelle sue file una vera aristocrazia politica. È la concezione dello Stato come Ordine (Ordnensstaatgedanke).
Questo Stato non sarà «totalitario», e cioè invadente, livellatore, irrispettoso dell’intimità del singolo, nel qual caso esso si degraderebbe a strumento di quel processo di massificazione che si chiama la «modernità».
Sarà lo Stato organico, che intorno a un centro stabile, a un’idea animatrice, lascia nella sfera privata una larga sfera di autonomia. Lo Stato organico è omnia potens, non omnia facens, riconosce la libertà del singolo in tutto quel che non attiene alla direzione politica, nella vita privata, nella vita economica. (...)»
[Adriano Romualdi, "Julius Evola: l'uomo e l'opera", 1968, p.81, edizioni di AR]]




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